Parole da casa: parole disarmate

Non è una guerra
È qualcosa di molto diverso e non ci è utile usare le metafore belliche per raccontarlo.
Mi ha colpito che fin dall’inizio si usassero metafore che fanno riferimento alla Prima guerra mondiale: i medici in trincea, gli ospedali in prima linea, gli eroi che combattono il virus, l’unità nazionale per sconfiggere il nemico, mentre già dagli anni trenta del Novecento le guerre sono cambiate e non c’è più fronte, muoiono più civili di militari, le forze armate si proteggono, uccidono da grande distanza e le persone si arruolano prevalentemente perché si tratta di un lavoro ben pagato, non per andare a morire.
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Stiamo a casa!!

“State a casa” è l’ordine di questi giorni ed è giusto, perché il primo imperativo è quello di fermare il contagio.
I decreti si occupano delle merci: produzione, trasporto, filiere dei beni necessari, costi economici, crisi delle imprese, problemi di liquidità, crollo dei redditi.
Le persone devono stare in casa, tranne chi lavora e il lavoro a cui si pensa è soprattutto quello delle fabbriche, grandi e piccole.
Non si pensa molto a chi lavora con le persone, a chi crea casa intorno a chi non può stare a casa sua: perché non ha casa, o la sua casa non è un luogo sicuro, o perché non è più in grado di gestire autonomamente la cura di sé e della sua casa.
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Parole da casa: eredità

Le relazioni umane non si ereditano.
Si possono lasciare in eredità case, terreni, mobili, quadri, gioielli, abiti, denaro, azioni, obbligazioni, investimenti.
Si può lasciare in eredità ciò che definiamo patrimonio mobile e immobile, sempre materiale, tangibile, traducibile in un valore economico che ogni società stabilisce, sostiene, protegge, attraverso leggi dettagliate.
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Sommessamente. A proposito di un articolo inopportuno su Micromega

Leggo per caso, tra un articolo e l’altro di un dibattito serio sulle parole della laicità, un articolo che definire curioso è un eufemismo: il signore scrive di violenza sulle donne cominciando in punta di forchetta con tutta una serie di distinguo pretestuosi che la inseriscono tra le piegature linguistiche di vari concetti ad hoc, il cui significato va oltre i singoli termini.
Gli esempi iniziali: ferro da stiro, ragazza madre, sono il pretesto (espressione della casualità inconscia?) per introdurre una serie di distinzioni capziose che riguardano la locuzione “violenza sulle donne” entrata in uso, a suo dire, in forma poco pertinente rispetto alla realtà.
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Covid-19

Mi scrive una ragazza incontrata qualche anno fa, mi manda questo scritto e io le chiedo la possibilità di farlo conoscere perché ne abbiamo bisogno.
Ho appena parlato al telefono con un’amica che vive fuori dalla zona rossa in cui abito e mi ha raccontato di persone che fanno la movida, che trovano eccessivo sospendere le riunioni.
S. scrive a noi, specie umana, con affetto e coraggio perché ci vuole coraggio a pensare a noi, non contagiati, noi magari superficiali, distratti, che magari facciamo stupidaggini solo perché non portiamo la paura dalla pancia al cuore e dal cuore alla testa.
Sono in casa e non posso fare niente di utile per nessuno e S. mi dà l’occasione di fare la passaparola, sono contenta che lei mi affidi le sue parole per voi.
Come dico sempre, a me capita di conoscere solo donne speciali e lo sono perché scelgono di esserlo ogni giorno, in ogni circostanza.
Leggetela, è per voi.
Rosangela
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