Cedi i tuoi spazi, il tuo tempo, il tuo cuore, le tue ragioni e se lui li fa a brandelli tu li ricuci e ogni volta che li ricuci ne perdi un pezzetto.
La violenza ha una misura ed è il tuo cedimento. Cedi alla sopportazione, cedi al silenzio, cedi all’invasione dei tuoi spazi, cedi il tuo corpo per quieto vivere, cedi il cognome dei figli senza nemmeno pensarci, cedi quando alza la voce, cedi quando sei stanca, cedi la tua firma se gli serve, cedi l’amministrazione del denaro, cedi alla gentilezza temporanea sperando che duri, cedi alla sua avarizia, cedi perché lui ne sa di più, cedi perché lui ha il reddito da cui dipendi, cedi il tuo denaro perché pensi valga meno del suo, cedi il tuo tempo, cedi ai pensieri che si riempiono di rabbia e lui è al centro della rabbia, cedi l’affetto dei tuoi figli perché ti convinci che hanno bisogno del padre, cedi per quella volta che lui ti ha portata alle stelle con un abbraccio, cedi alle sue lacrime, cedi ai suoi buoni propositi, cedi alle minacce travestite da lusinghe, cedi alle lusinghe senza capire le minacce, cedi le amicizie, cedi alle insinuazioni, cedi alle sue chiamate, cedi le domeniche, cedi sul colore della casa, cedi la proprietà della casa, cedi il tempo per riordinare la sua biancheria, lavare la sua sporcizia, pulire il bagno dove lui è passato, cedi sulla scelta dell’auto, cedi sulla vacanza, cedi all’ascolto dei suoi problemi, le sue crisi, le sue recriminazioni, cedi per essere buona, cedi perché te l’hanno insegnato, cedi perché pensi di non saper fare altro, cedi all’arroganza, cedi alla manipolazione, cedi al tuo stesso sogno, cedi il tuo sogno, cedi alla necessità di ridurre il sogno, cedi alla continua recriminazione, cedi alla lamentazione sterile, cedi per adattarti alla realtà, cedi perché lui però ti aiuta, cedi perché sta imparando, cedi perché speri che impari, cedi perché non vuoi farti aiutare, cedi per continuare la recita, cedi per non fermarti a pensare, cedi per paura che si vendichi sui figli e le figlie, cedi se te lo chiedono i figli e le figlie, cedi perché pensi che non ci sia altro modo, cedi un pochino ogni giorno, cedi senza pensare che stai cedendo.
Poi un giorno scopri che non hai più nulla da cedere, nemmeno la speranza.
Poi un giorno vorresti riprenderti ciò che è tuo ma lui si oppone, ti costringe a cedere la vita ed è tutto.
Gli uomini hanno un’intera cultura che sostiene la loro arroganza, le donne hanno la stessa cultura che le fa diffidare delle donne, quindi impariamo a diffidare di noi stesse, impariamo a guardarci tra noi con gli occhi degli uomini.
Il cedimento non è una frana, anche se possono essere usati come sinonimi, è più vicino a un processo che a un evento, può essere un accadimento impercettibile e continuo se non viene avvertito e non si pone riparo.
Il contrario di cedimento non è occhio per occhio, non è diventare come lui e più brava, non è sopraffazione, non è vendetta, non è insulto, non è offesa, non è fargliela pagare, non è l’arroganza.
Il contrario di cedimento è resistenza: la capacità prima di tutto fisica di conservare la propria integrità, la capacità morale di affermare la propria dignità, la capacità relazionale di saper distinguere, la capacità di cercare la propria autonomia dentro la consapevolezza del limite, la capacità di prendere un’altra strada e non voltarsi indietro. La decisione di cercare la gioia ogni giorno. E la gioia è libertà.
La resistenza non si può fare da sole. Se tu sei costretta a cedere è perché intorno a te hanno fatto il vuoto.
La vita non è fatta di assoluti e gli assoluti sono pericolosi perché semplificano, cancellano, mistificano.
Cedere può diventare parte del resistere se non diventa un modo di vivere: si tratta di valutare le convenienze e avere chiarezza della meta.
Si può cedere per opportunità, diventa pericoloso cedere per opportunismo.
Anche gli uomini cedono alla violenza, la propria, quella che agiscono impongono perpetuano. Cedono alla propria violenza giorno dopo giorno, fino a diventare persecutori, fino a diventare assassini. Cedono nella connivenza sociale, nel silenzio di famiglie, amici, colleghi, cedono grazie alla vasta complicità maschile, cedono sostenuti dal cedimento femminile.
Nelle relazioni umane c’è un largo strato in cui le vite si fondono e confondono, si nutrono e si sostengono e diventa difficile districare il riconoscimento dal disconoscimento, la solidarietà dalla complicità, la cura dal servilismo, l’affermazione dall’opportunismo, la responsabilità dalla prevaricazione.
Per questo è fondamentale conoscere le donne nella storia e la storia delle donne. E la storia delle relazioni tra donne e uomini nella complessità sociale e politica: impariamo dalla cultura che abbiamo a disposizione e se la cultura è a disposizione possiamo studiarla, comprenderla, usarla e mutarla.
Il femminismo è la cultura politica più utile per le donne e anche per gli uomini.
Il femminismo è come la stella polare, continua a guidarti anche se non la vedi.
Il femminismo è come l’assorbente di scorta che tieni in borsa dal menarca alla menopausa: se non serve a te c’è sempre qualcuna a cui serve.
Il femminismo è parola che si consuma e si rinnova, ancora, finché sarà necessario.