La bandiera della pace, mossa da una brezza inconsueta per la pianura estiva, risuona setosa contro la ringhiera. Quasi un lamento nel silenzio della campagna lucida di granoturco acerbo. Un lamento delle cose per il nostro di silenzio, ipocrita e svogliato.
I rapporti, i luoghi, ci appaiono talvolta come sintesi dell’intera vita, impossibile andarsene, disperante restare, intanto il tempo sembra inafferrabile alle parole.
I piedi nell’erba bagnano di rugiada i pensieri e i suoni disegnano paesaggi morbidi per le mie zampe di gatta. La voce si è incastrata in gola, esiste anche la raucedine dei sentimenti.
Sperimentare una voce che accoglie, una voce che ride, una voce che tace e ascolta come quella dei cantastorie.
Desidero essere ricomposta in pace da mani affettuose ed amiche, l’ultimo mio pensiero è affidato alla mia pelle. Risento al tatto quella liscia e fresca della mamma. Penso, sento, che così lei ha accarezzato la mia, la prima volta.
Senza parole abbiamo aperto e chiuso il cerchio della vita. Un sapere che il mio corpo custodisce e traduce per altre storie che s’inanellano fiduciose del futuro.
Scendere i gradini della luce verso i colori della notte e l’abbraccio rassicurante di mani amate.
La memoria attraversa i corpi, si sedimenta, coagula, caglia, marcisce se non viene riplasmata, impastata, intrecciata, lavorata, ripulita, consumata, contemplata, coccolata.
Forme e colori elaborano lo spazio tra me e gli altri intrecciando la complessità di codici stratificati nella storia individuale e comune.
Il suono elabora lo spazio interno, il movimento dei desideri, delle percezioni, le vibrazioni del piacere e del dolore.
La parola è un ponte, una fune per attraccare in terre straniere, un tessuto per vestire, coprire, velare, sedurre, nascondere, dissimulare, mascherare, proteggere, scaldare; una chiatta un veliero una conca per attraversare mari ignoti o traghettare il fiume sotto casa.
Un pensiero mi attraversa come l’autunno fresco che s’annuncia alla mia pelle con piccoli brividi e riempie i miei occhi di sete e velluti bordati d’oro, respiro tracce di sconosciute dolcezze dentro l’odore aspro che gli alberi riversano sulle strade e inattese memorie regalano melodie più potenti del rumore quotidiano.
Un pensiero mi attraversa, che certo chiederà più meditate parole, ma ora irrompe nel turbine dei pensieri, nel disordine degli appunti, e li placa come una calda certezza: il corpo è l’anima.
in Marea 4/2006