I diritti diventano fragili se non sono davvero per tutte, se definiscono la cittadinanza per esclusione, se non ne viene insegnata la storia, se non costruiscono dialogo politico, e infatti sono stati piano piano disattesi e poi velocemente aggrediti, con arroganza nelle strutture sanitarie, nei posti di lavoro, a scuola, nell’immaginario di quell’interazione quotidiana in cui si costruisce l’idea di mondo comune.
In fondo sapevamo, quando, all’inizio, la parola d’ordine era per tutte “Liberazione”, che non di un fatto o solo di qualche legge si trattava, ma di un processo che avrebbe potuto coinvolgere tutte e tutti.
L’emancipazione, la conquista dei diritti civili e politici di cui Olympe De Gouges è il simbolo, rappresenta il punto di partenza ed è grazie a quell’uguaglianza dei diritti che io oggi scrivo, ma non abbiamo fatto i conti con quanto l’accesso all’eredità dei patrimoni famigliari e sociali avrebbe inciso sul tessuto di quella giovane solidarietà cresciuta sulla percezione di uno stereotipo identitario che solo insieme potevamo modificare.
Non ci sono eredità innocenti, neanche per le donne.
Oggi, di fronte alla violenza che minaccia le nostre vite e c’impone, neppure troppo subdolamente, vecchi stereotipi del femminile a ingabbiare i nostri sogni e mortificare la realtà, dovremmo avere il coraggio di porre alla politica domande più radicali, stabilendo con chiarezza possibili alleanze e differenze ineludibili da portare nel dibattito, per costruire un tessuto di vicinanze non occasionali.
Quando le donne rinunciano a pensare alla propria esistenza libera come luogo di costruzione di un processo pacifico di giustizia sociale, di pari opportunità per le generazioni successive (e non solo per i propri bambini e bambine), quando si chiudono dentro le piccole strategie di conquista del proprio microterritorio, (che sia una casa o una carriera) il patriarcato vince su tutte e i diritti vengono corrosi ad ogni livello.
Dovremmo ricordare che il patriarcato è una struttura mentale, oltre che sociale, molto antica, sostenuta dalle religioni e dai vari sistemi di potere, trasmessa dal conformismo educativo di genere, amplificato oggi dalla pubblicità e dai media. Assistiamo indignate e offese all’erosione dei diritti come alla volgarità delle dichiarazioni pubbliche, gli uomini si esibiscono tra arroganza ignoranza e paternalismo, ma noi sappiamo che il patriarcato non vince senza le nostre piccole/grandi quotidiane complicità, senza i nostri silenzi, le nostre omissioni, la nostra accondiscendenza, il nostro rinchiuderci nel piccolo orizzonte delle sopravvivenze personali, delle necessità di accudimento famigliare, dei piccoli privilegi faticosamente raggiunti, dello smarrimento di fronte alle troppe cose da fare, del perbenismo, della rassegnazione, della stanchezza.
La più potente delle donne è comunque assoggettata ai giudizi impliciti di un’immaginario collettivo sempre più immeschinito, alla pari dell’ultima delle ragazzine che si prostituisce sulla strada. Ho ancora memoria di un mondo comune delle donne che non abbiamo solo sognato, ma praticato generosamente e coraggiosamente in un modo d’essere che ha reso le nostre vite migliori, e di questo “meglio” ha saputo contagiare tante e tanti che non possono aver dimenticato. Ognuna di noi sa di quali e quante risorse dispone davvero, noi siamo abili amministratrici, possiamo metterne un pezzetto a disposizione di luoghi e tempi in cui costruire possibilità?